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DIRIGENTE MEDICO UOC Urologia
Nuovo Ospedale S.Giuseppe - Empoli
Dottorato di Ricerca in Scienze Chirurgiche, Anestesiologiche e dell'Emergenza - Università di Pisa

Chirurgia conservativa del rene

1) DEFINIZIONE
Rimozione completa di una neoplasia del rene con preservazione dell’organo.

2) INDICAZIONI
Indicazione assoluta è il paziente con tumore in un rene unico funzionante, oppure con tumore bilaterale in cui uno dei due reni debba essere necessariamente rimosso.Altre indicazioni sono:

  • pazienti con neoplasie renali multifocali bilaterali che si sviluppano contemporaneamente o in tempi successivi;
  • pazienti con neoplasia renale in presenza di insufficienza renale cronica, in quanto la conservazione di una quantità sufficiente di parenchima renale può evitare il ricorso alla dialisi;
    pazienti portatori di entrambi i reni ben funzionanti con una neoplasia renale di diametro inferiore ai 4 cm.

3) DESCRIZIONE DELLA TECNICA
L’accesso può essere lombotomico (incisione sul fianco) o anteriore trans-peritoneale (incisione addominale); l’accesso più utilizzato è quello trans-peritoneale anche se in casi particolari si può ricorrere a quello lombotomico. Una volta isolato il rene si identifica il peduncolo vascolare e lo si isola accuratamente. Generalmente la tecnica prevede l’asportazione del tumore dopo chiusura dei vasi del peduncolo e posizionamento di ghiaccio tritato intorno al rene per minimizzare il danno ischemico. Il pezzo operatorio viene inviato per esame istologico estemporaneo per una verifica dei margini chirurgici, cioè per avere la certezza di aver asportato completamente tutto il tessuto tumorale. Il sanguinamento viene controllato con sutura (legatura) selettiva dei vasi sanguinanti e con successivo posizionamento di un lembo di grasso perirenale.

In alternativa questa chirurgia può essere eseguita con approccio laparoscopico; in altre parole per mezzo di strumenti introdotti attraverso alcuni fori praticati sull’addome può essere rimossa la sola neoplasia renale senza richiedere la presenza di alcuna incisione sull’addome o al più è richiesto l’ampliamento fino a 3 cm di uno dei fori praticati (in relazione al volume della neoplasia).

Sicuramente la procedura laparoscopica ha delle indicazioni specifiche poiché, essendo difficoltoso applicare del ghiaccio intorno al rene durante l’intervento, sono ridotti i tempi nei quali il rene può essere mantenuto in ischemia durante la legatura temporanea del peduncolo vascolare.

Le neoplasie che possono beneficiare dell’intervento laparoscopico devono essere esofitiche, cioè situate sulla superficie esterna, e di piccole dimensioni (max 2-3 cm). La letteratura riporta fino ad un 3 % di margini positivi all’esame istologico rispetto a quella riportata nella chirurgia a cielo aperto (prossima allo zero). I tempi chirurgici dell’intervento laparoscopico sono sovrapponibili (100-180 min) ai tempi richiesti nella procedura tradizionale a “cielo aperto”.

4) PREPARAZIONE ALL’INTERVENTO
La preparazione consiste nell’eseguire, oltre agli esami standard necessari per la stadiazione della neoplasia gli esami utili per l’anestesia e l’eventuale predeposito di sangue del paziente nel centro trasfusionale per eventuale autotrasfusione in caso di necessità.
Si deve comunque eseguire una profilassi antibiotica dalla mattina del giorno dell’intervento associando eparine a basso peso molecolare (per prevenire rischi tromboembolici intra e post operatori) a partire da 12 ore prima dell’intervento.

5) DURATA DELL’INTERVENTO
La procedura può durare dai 90 ai 180 minuti.

6) TIPO E DURATA DEL RICOVERO
Il trattamento viene eseguito in regime di ricovero ordinario con tempi di degenza compresi tra 4 e 8 giorni salvo complicazioni; in caso di intervento laparoscopico la degenza è ridotta e può essere compresa tra i 3 ed i 5 giorni.

7) VANTAGGI
In tempi non lontani il paziente affetto da neoplasia renale in rene unico era destinato alla dialisi dopo la scontata nefrectomia radicale. Oggi ciò può non accadere grazie alla terapia chirurgica conservativa. Anche il paziente con insufficienza renale cronica affetto da neoplasia renale di piccole dimensioni può trarre notevoli vantaggi da questo trattamento per la possibilità di conservare quanto più parenchima renale è possibile e quindi per non aggravare ulteriormente una situazione renale già precaria.

Anche nel soggetto con entrambi i reni funzionanti la possibilità di conservare una maggior quantità di parenchima renale è senz’altro un vantaggio.

L’intervento eseguito per via laparoscopica consente una ridotta percezione del dolore post-operatorio, una piu’ precoce mobilizzazione durante la degenza ed una più precoce ripresa delle attività sociali e lavorative.

8) COMPLICANZE
– Complicanze intraoperatorie possibili:

  • emorragie irrefrenabili che possono rendere necessaria nefrectomia radicale e successiva dialisi se monorene (1.5 %);
  • apertura della via escretrice che deve essere individuata, suturata e protetta con un stent pieloureterale da rimuovere dopo 15 giorni (1-2%);

Complicanze post operatorie possibili

  • ematomi perirenali che possono richiedere un reintervento chirurgico o un drenaggio percutaneo (1-2%);
  • fistole urinarie che possono necessitare di un cateterismo ureterale che viene posizionato tramite cistoscopia (1-2%);
  • anemizzazione da stillicidio ematico postoperatorio che può rendere necessario il ricorso a emotrasfusioni supplementari (<1%);
  • complicanze trombo-emboliche (< 1%).

Tutte le suddette complicanze possono riscontrarsi anche in caso di intervento laparoscopico.

9) ATTENZIONI DA PORRE ALLA DIMISSIONE
Il paziente deve essere dimesso con:

  • terapia antitrombotica;
  • terapia antibiotica;
  • Il paziente deve essere informato sul fatto che a domicilio possono verificarsi: episodi di macroematuria associata o meno a infezione delle vie urinarie;

10) COME COMPORTARSI IN CASO DI COMPLICANZE INSORTE DOPO LA DIMISSIONE
Per qualsiasi evenienza va contattato prioritariamente il centro in cui il paziente è stato operato.

11) CONTROLLI
Questa procedura non necessita solamente di un controllo postoperatorio, ma comporta per la malattia neoplastica di base un follow-up standardizzato per almeno i 5 anni successivi all’intervento.

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